“Gioca allo Sport, Cambia il mondo”: l’intervento di Martinetti

Lunedì 20 Giugno 2022 06:55 stefano
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L’ultimo giorno di scuola è tradizionalmente sinonimo di festa e al tempo stesso occasione di bilancio, di analisi delle cose belle realizzate durante l’anno e di sani propositi di fare, in quelli successivi, ancora meglio.

Un quadro d’insieme che, ovviamente con le debite proporzioni, è trasportabile in qualsiasi altro contesto della vita di relazione: professionale, sociale o umano che esso sia. Lo si può ad esempio applicare senza alcuna difficoltà al Progetto “Gioca allo Sport, Cambia il mondo” lanciato dal Dipartimento per lo Sport e prontamente recepito dal Centro Nazionale Libertas che lo ha poi a sua volta sviluppato con capillare efficacia sul territorio grazie al sinergico lavoro soprattutto delle sue realtà locali più collaudate al riguardo, categoria alla quale il Piemonte e la Provincia di Torino appartengono a pieno diritto in virtù di un’attività le cui origini si perdono ormai nel tempo ma che viene costantemente aggiornata, rifinita e migliorata per continuare a essere più in linea possibile con le esigenze dell’utenza.

 

Ecco, il suo ideale ultimo giorno di scuola questo Progetto, basilare per la tutela e la crescita dello sport di base, lo ha giustamente celebrato in grande stile al Salone d’onore del Coni di Roma, alla presenza delle massime autorità in materia: Valentina Vezzali, che molti ricordano come fuoriclasse della scherma ma che sta ora dimostrando tutto il suo valore anche come Sottosegretario allo sport, il presidente del Coni Giovanni Malagò, quello del CIP (Comitato italiano paralimpico) Luca Pancalli, il “numero uno” di Sport e Salute Vito Cozzoli e il presidente nazionale Libertas Andrea Pantano, che ha anche coordinato i lavori.

Un parterre de roi che suggella, se mai ce ne fosse stato bisogno, la qualità e il prestigio dell’iniziativa allestita e del quale è stato per l’occasione chiamato a far parte anche Fulvio Martinetti, in questo caso non in qualità di presidente del Centro Provinciale Libertas di Torino ma in quanto responsabile nazionale della Scuola di Formazione Libertas. Sorretto dalla sua consueta analiticità e precisione, il prof. Martinetti ha riassunto numeri e contenuti attraverso i quali si è articolato il Progetto di cui la Formazione – ha tenuto subito a sottolineare con comprensibile e legittimo orgoglio – può essere considerata “una delle travi portanti”.

A confermalo, ancor più delle sue peraltro ineccepibili parole, ci sono del resto i fatti, ad esempio la media di 2 webinar a settimana che, sfruttando al meglio le nuove frontiere comunicative raggiunte dalla tecnologia (particolarmente preziose in un periodo delicato e complesso come quello flagellato dal Covid), sono stati organizzati per 6 mesi coinvolgendo quasi 700 tecnici, adeguatamente guidati nel cammino formativo da docenti d’eccellenza che Martinetti ha volutamente elencato, uno per uno, come sa fare un vero allenatore nel momento in cui gli viene offerta l’opportunità di festeggiare risultati frutto del più classico e riuscito dei giochi di squadra: Luppino Lorenza, Mangalaviti Fabio, Pace Maria, Tranquilli Carlo, Turini Daniele, Visintin Giorgio e Vozzella Maria.

L’intervento ha inoltre messo in risalto tematiche più generali ma non per questo meno pertinenti. A cominciare dalla considerazione di come, nel dipanarsi del percorso formativo, stia progressivamente nascendo una figura dell’educatore sempre più in linea con le priorità emergenziali, impostata quindi innanzitutto sulla ricerca d’un elemento-cardine qual è la sensibilità. E’ stato poi sottolineato quanto le vicende quotidiane presuppongano ormai un bisogno costante di fornire indicazioni concettualmente valide ma soprattutto efficaci. Per dirla con gli inglesi, quel processo di “problem solving” che rispetta la teoria ma mira ancor di più alla pratica. Il tutto senza perdersi nelle elucubrazioni mentali ma anche senza generalizzare, perché pure i problemi fra di loro simili non per questo presuppongono soluzioni assolutamente uguali: l’inclusione ad esempio è un aspetto, l’integrazione un altro, l’interazione un altro ancora. Fratelli che si assomigliano tantissimo, possiamo dire per affidarci a un’allegoria, ma non gemelli!

Un ragionamento articolato e ben strutturato che infatti, non a caso, ha prodotto un’ultima considerazione etichettabile al tempo stesso come una dichiarazione d’intenti: la consapevolezza e la convinzione che un’attività di questo tipo, covid o non covid, andrebbe strutturata in modo permanente. Insomma, non un addio ma un arrivederci. Proprio come si usa negli ultimi giorni di scuola più belli: quelli che conoscono (e progettano) un domani.

 

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